Le stalle e le scuderie a Carrone
Fino agli anni Cinquanta del secolo scorso la popolazione di Carrone viveva quasi esclusivamente di agricoltura di sussistenza, e la terra si lavorava con l’ausilio degli animali.
Le famiglie un po’ più abbienti possedevano un cavallo e nella stalla avevano magari tre coppie di mucche; quelle più povere avevano solo due o al massimo tre mucche; quelli che vivevano soli (vedovi o non sposati) avevano solo una mucca. Il cavallo veniva tenuto esclusivamente per i lavori in campagna o al massimo per fare dei trasporti, mentre le mucche oltre a fare il lavoro nei campi fornivano latte per i vitelli e per la famiglia (per fare burro e tomini, o utilizzato in vari modi in cucina: bollito per la prima colazione, nelle minestre, o anche bevuto crudo).
Quasi tutte le famiglie tenevano anche il maiale per fare i salami, le galline per le uova o per mangiarle, i conigli per la carne. Alcune famiglie tenevano anche capre e pecore: le capre per il latte, che veniva miscelato con quello delle mucche per fare tomini più saporiti; le pecore per il latte, per la carne e per la lana.
La stalla tradizionale era composta dalla greppia con il fondo di mattoni e di fronte un asse, sostenuto da supporti in pietra, con buchi equidistanti dove infilare la catena per legare le mucche, dal giaciglio di terra battuta dove veniva preparata la lettiera di paglia, da una zona libera dietro al giaciglio (detta “rœ”) dove in inverno si riunivano le famiglie per passare le serate al caldo.
In un angolo si trovava una gabbia di legno (più recentemente in ferro) dove si teneva il maiale se era uno solo, mentre le famiglie che ne allevavano più di uno avevano una porcilaia esterna alla stalla.
Tra la fine degli anni 50 e l’inizio degli anni 60 qualcuno comincio a modernizzare le stalle: i giacigli vennero pavimentati in cemento con lo scolo per i liquidi che andava a finire in un’apposita cisterna costruita all’esterno, la greppia venne costruita in cemento con apposite centine in ferro dove le mucche infilavano la testa (la catena scorreva nei tubi di ferro, così gli animali avevano più spazio per i movimenti), si installarono gli abbeveratoi automatici nei quali gli animali potevano bere in qualsiasi momento (prima due volte al giorno gli si portava da bere con appositi secchi di legno oppure si liberavano e portavano in cortile dove c’era una vasca piena d’acqua).
Alla fine degli anni 50 la stalla con il maggior numero di mucche era quella della cascina Baro, con circa 40/45 capi. Poi c’era la cascina dei fratelli Giovanni e Giacomo Bellono con due stalle e una trentina di capi. In tutto il paese, in quegli anni, tra mucche, cavalli, muli, capre e pecore si contavano circa 250 capi di bestiame, di cui diciotto cavalli, due muli e due pony.
Le due mucche in questa foto (che risale al 1966-67) sono state le ultime usate per i lavori nei campi e appartenevano a mio padre Nando. I loro nomi erano Valeisa (ben in vista) e Stella (che si intravede appena) e qui stavano trasportando un carico di balle di paglia.
Le persone che avevano stalle grandi e foraggio in abbondanza prendevano una o due mucche “a pasa”, ossia in pensione per fargli passare l’inverno: erano mucche gravide che arrivavano dalla montagna e venivano a svernare in pianura, dalla fine di ottobre fino all’inizio di maggio. L’ospitante si teneva il vitello nato nella sua stalla e l’allevatore aveva una mucca fresca di latte per tutta l’estate.
L’unica vera e propria scuderia separata dalla stalla era nella cascina Baro, di fronte alla chiesa, dove c’era posto per diversi cavalli, io me ne ricordo solo due: Lampo (un mastodontico cavallo dal mantello nero) e Remo (di taglia normale, dal mantello marrone chiaro). Tutti gli altri cavalli del paese stavano nelle stalle insieme alle mucche, con un posto a parte. L’ultimo cavallo rimasto in paese (anche lui chiamato Remo) apparteneva a Stefano Vassia e Giuseppa Grassino (“Steo e Gepa dal Burel”): i proprietari erano talmente affezionati che lo hanno tenuto fino a quando è morto di vecchiaia nella stalla.
Claudio Actis Alesina