L’emigrazione dei carronesi
L’emigrazione dei carronesi rientra nel fenomeno migratorio che a partire dal 1880 ha interessato l’Italia e il Piemonte, e che ha le sue radici nella profonda crisi che attraversò l’economia italiana in quegli anni: diminuirono i prezzi dei prodotti agricoli, aumentarono i dazi e venne istituita la tassa sul macinato.
Inizialmente le migrazioni avevano carattere prevalentemente stagionale: da Carrone ci si spostava nel Vercellese per fare la monda stagionale del riso o anche in Francia, in particolare in Savoia per lavorare nelle filande (dove il lavoro era legato al ciclo di vita dei bachi da seta e quindi seguiva un andamento stagionale).
Fra le emigrazioni (sia pure su scala minore) vanno anche considerati i trasferimenti a Torino, a volte temporanei a volte permanenti, a partire dagli anni successivi alla prima guerra mondiale: c’erano ragazze del paese che andavano a servizio presso famiglie torinesi e capifamiglia che abbandonavano il lavoro dei campi e si trasferivano in città con moglie e figli per diventare operai (mentre alcuni facevano i pendolari e tutti i giorni andavano a prendere il treno a Mercenasco per andare a lavorare a Torino).
Ci furono anche migrazioni temporanee, in genere in Francia o negli Stati Uniti, soprattutto nelle regioni minerarie: un capofamiglia (da solo o insieme a moglie e figli) si stabiliva all’estero per alcuni anni a svolgere lavori pesanti ma ben retribuiti, riuscendo così a mandare una parte dei suoi guadagni a chi era rimasto in paese, per poi tornare a Carrone dopo qualche anno, con i soldi necessari per comprarsi la casa e un pezzo di terra da coltivare.
Molti carronesi invece si trasferirono in modo permanente in altri paesi, portandosi dietro la famiglia o sposandosi e stanziandosi lì: in Francia (nella zona di Tolosa), nelle regioni minerarie degli Stati Uniti (Pennsylvania) e soprattutto in Argentina (in particolare nelle province di Cordoba e Mendoza).
Spesso chi si era già trasferito e aveva fatto un po’ di fortuna chiamava parenti o compaesani, perché era necessaria mano d’opera o perché c’era abbondanza di terre da coltivare. In questo modo si è costruito il mito della “Merica”, terra dove era facile arricchirsi e dove esistevano cose mai viste da noi.
Ancora negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale, chi tornava da emigrato a trovare i parenti in paese lasciava tutti a bocca aperta portando ad esempio una radiolina che funzionava a batterie, oppure il racconto di “una macchina che lava da sola i panni” (quando invece in paese si lavava ancora a mano al lavatoio) o ancora di negozi che vendevano di tutto (supermercati) e impacchettavano nel nylon anche le verdure!
Ci fu anche chi, nato all’estero e tornato poi dopo diversi anni a Carrone con la famiglia, non riuscì a riadattarsi alla vita di paese, e tornò definitivamente negli Stati Uniti o in Argentina.
Mentre negli USA gli emigrati carronesi si sono dispersi in località varie e distanti, in Argentina l’esistenza di una numerosa comunità piemontese ha favorito la concentrazione degli oriundi carronesi in alcune località, dove sono riusciti a mantenere tradizioni alimentari e usi tipici della terra d’origine, come la festa della bagna cauda. Nelle famiglie di origine carronese e più in generale piemontese si usano ancora parole ed espressioni dialettali, tramandate di generazione in generazione.
Nell’ambito dei frequenti gemellaggi tra città di paesi diversi (incoraggiati a partire dagli anni ’80 dall’associazione “Piemontesi nel Mondo”) anche il comune di Strambino si è gemellato nel 2000 con Villa del Rosario (Cordoba), organizzando scambi culturali e viaggi negli anni successivi.
In questi ultimi 10 anni, grazie anche a Internet e a Facebook, si sono moltiplicati i collegamenti telematici con argentini di origine piemontese che cercano le loro radici in questa regione.
Ci sono alcuni casi di “carronesi d’origine” che si sono messi in contatto con i parenti in Italia e sono anche venuti a Carrone a ritrovare le loro radici, come Juan Manuel Vassia (di Cordoba) che, in Italia per lavoro, nel 2012 ha trascorso in paese diversi weekend, partecipando infine con i suoi genitori (venuti appositamente) ad una cena organizzata dal Circolo Ancos, prima di ripartire per l’Argentina.