La festa di San Grato
Il santo patrono di Carrone è San Grato (in carronese “San Grà”) al quale è dedicata l’unica chiesa del paese. La festività cadeva un tempo il 7 settembre poi, probabilmente nella seconda metà del Novecento, venne spostata alla prima domenica di quel mese.
La festa di San Grato, come tutte le feste di paese, ha sempre avuto due aspetti: uno religioso (la novena serale di preghiera in preparazione alla festa, la messa solenne alla mattina, i vespri e la processione con i priori al pomeriggio) e uno più conviviale e di divertimento (il pranzo con i parenti invitati a casa, la banda musicale, il ballo a palchetto alla sera). Questi due aspetti erano strettamente connessi ed erano un tutt’uno nella percezione dei carronesi e nel loro concetto di “festa del paese”.
Fino agli anni ’70, la festa di San Grato era molto attesa e sentita da tutti, sia perchè era la festa del paese, sia perchè un tempo le occasioni di festa erano poche ed erano vissute come eventi eccezionali. Dopo quegli anni, parallelamente ai cambiamenti della società, la festa di San Grato ha subito diverse variazioni, sia per quanto riguarda l’aspetto religioso, sia per quanto riguarda quello più conviviale. Questo è avvenuto anche perchè con il cambiamento degli stili di vita e con l’evoluzione della società globale, la festa popolare ha cambiato significato e ha perso alcune delle sue connotazioni tipiche (divertirsi insieme con poco, sentire come un valore fondamentale e irrinunciabile l’appartenenza alla propria comunità). Proprio a causa di questi cambiamenti, non è facile ricostruire la festa nei suoi vari momenti, quindi quella che verrà descritta di seguito è la festa tipica degli anni ’50-’60, mentre i cambiamenti avvenuti nel corso degli anni successivi verranno indicati di seguito.
Prima di iniziare il racconto della festa è necessario presentare le sue figure più importanti: i Priori.
I Priori di San Grato erano otto: quattro ragazzi e quattro ragazze, in genere intorno ai 18 anni, che svolgevano questo “incarico” per due anni di seguito, ma sfasati in modo che ci fossero sempre due coppie di priori in uscita e due coppie in entrata. Venivano abbinati tra loro in modo che i priori maschi in uscita facessero coppia con le priore donne in entrata e invece i priori maschi in entrata facessero coppia con le priore donne in uscita. Era tradizione che i nomi delle due coppie in entrata venissero annunciati in chiesa durante la messa di Pasqua.
C’era poi il Portabandiera, un ragazzo all’incirca coetaneo dei priori, che aveva l’incarico di tenere la grande bandiera chiamata “il drapò”, raffigurante San Grato, sia in chiesa che durante la processione. Il suo incarico, a differenza dei priori, poteva durare più di due anni.
Tradizionalmente le priore indossavano un abito bianco con un’acconciatura bianca, che oggi potrebbe sembrare un vestito da sposa, ma un tempo le spose non avevano l’abito bianco (entrato in uso a Carrone come abito da matrimonio solo a partire dagli anni ’50): quello delle priore simboleggiava invece la purezza.
Le priore di nuova nomina si facevano confezionare abiti uguali tra loro, dello stesso modello e tessuto, con abbinate scarpe il più possibile simili, con acconciatura e borsetta identiche, tutto di colore bianco. Gli abiti venivano utilizzati per i due anni dell’incarico ed erano diversi da quelli delle priore del precedente biennio per distinguerle.
I priori ed il portabandiera erano invece vestiti con l’abito maschile da festa (camicia, cravatta, completo giacca e pantaloni).
I priori di San Grato poi, oltre ad essere i protagonisti della festa del Santo Patrono, partecipavano anche alle altre processioni previste nel corso dell’anno liturgico, in particolare a quella del Corpus Domini e a quella della Madonna d’Agosto. Anche in queste processioni le priore indossavano abiti eleganti uguali tra loro a coppie.
Bisogna considerare che essere Priori di San Grato non voleva solo dire indossare degli abiti particolari e sfilare per le vie del paese nel giorno della festa (cosa che comportava comunque una spesa consistente) ma voleva dire anche pulire e addobbare la chiesa durante tutto l’anno, soprattutto da parte delle priore, mentre i priori in genere si occupavano di raccogliere offerte tra la popolazione per pagare la banda e organizzare la festa. Proprio per questi motivi (economici e di disponibilità di tempo), ma anche per il fatto che in passato le classi di coetanei anno erano più numerose, non tutte le ragazze e i ragazzi di Carrone hanno fatto i priori.
Ma torniamo alla descrizione della festa, che seguiva uno schema codificato negli anni.
Si cominciava con una novena di preghiera: per nove sere consecutive prima del giorno del santo patrono (a partire quindi dal venerdì della settimana precedente) la popolazione si ritrovava in chiesa per recitare il rosario, al quale seguiva la benedizione. Questa tradizione coinvolgeva soprattutto la popolazione femminile e i bambini che riempivano la chiesa tutte le sere. Per l’occasione la statua di San Grato veniva tolta dalla vetrina dove era conservata tutto l’anno (in una nicchia laterale della chiesa), per essere esposta vicino all’altare.
Il giorno di San Grato la festa aveva inizio ancora prima della messa solenne delle 11, con l’arrivo della banda musicale. A partire dagli anni ’20 e fino agli anni ’60, era la Banda di Carrone che suonava in questa e altre ricorrenze. In seguito, dopo il suo scioglimento, sono state chiamate bande provenienti da paesi vicini.
La banda si radunava in piazza (l’attuale piazza Filippo Crosio) e faceva il giro del paese insieme ai soli priori maschi, per accompagnarli a prendere le priore, una alla volta, alle loro case. In ogni cortile delle priore si allestiva un piccolo rinfresco con biscotti e vino bianco (non tanto per i priori, ma per i musicisti).
Quando tutte le coppie di priori erano complete, il piccolo corteo si dirigeva verso la chiesa dove, sul sagrato, li aspettavano i carronesi e i loro invitati.
Quindi si entrava tutti in chiesa e cominciava la messa solenne cantata. Quando c’era la banda di Carrone, siccome diversi componenti della banda erano anche cantori, questi entravano in chiesa. Quando poi la banda veniva inveceda fuori, di solito i musicisti aspettavano sul sagrato la fine della messa.
Terminata la messa il corteo dei priori, sempre accompagnati dalla banda, si ricomponeva per riportare le priore a casa, una ad una.
Poi tutti tornavano a casa per il pranzo in famiglia con gli invitati. I preparativi nelle case cominciavano già nei giorni precedenti, con grandi pulizie per avere tutto in ordine per la festa, e con la preparazione di piatti particolari per il pranzo. Un tempo tra i piatti della festa non mancavano mai le cipolle ripiene o la frittura dolce, poi a partire dagli anni ’60 sono stati introdotti anche piatti tipici della cucina piemontese per i giorni di festa (insalata russa, vitello tonnato, arrosti, bignole).
La festa religiosa riprendeva intorno alle tre del pomeriggio: la banda accompagnava nuovamente i priori e il portabandiera a prendere a casa ciascuna priora, per poi ritornare in chiesa insieme ai fedeli per i vespri, con la recita del rosario e a seguire la processione con la statua del santo.
La processione seguiva un percorso che negli anni ha avuto alcune modifiche. Infatti prima del 1962 la processione di San Grato (e anche le altre processioni durante il corso dell’anno) faceva il giro intorno alla chiesa poi proseguivano verso nord lungo via San Grato e tornavano indietro al termine della via. Nel 1962 per i lavori di costruzione delle fognature la stradina che fa il giro intorno alla chiesa venne chiusa per un certo periodo, il percorso delle processioni venne modificato e anche negli anni successivi non si passò più da lì. Quando poi, nel 1955, venne ultimata la nuova strada di accesso al paese, il percorso della processione venne allungato e invece di tornare indietro per via San Grato si proseguì per via Fra’ Giacomo Costanza, poi per via Strambino, nuovamente per via San Grato e ritorno in chiesa.
La processione si formava con questo ordine: un chierichetto con in mano una croce di ferro apriva il corteo, seguivano le donne disposte su due file, poi la banda, le congregazioni (fino a quando sono state presenti), la cantoria, il prete, i priori (i maschi sulla destra e le femmine sulla sinistra, tutti con un lungo cero acceso in mano), la statua del santo portata a mano da alcuni uomini, e in ultimo gli altri uomini che non si disponevano in fila ma piuttosto in gruppo.
Durante la processione si recitavano preghiere e si eseguivano lodi oppure la banda suonava brani religiosi.
Al termine della processione si tornava in chiesa per la benedizione finale da parte del sacerdote e questo ultimo passaggio chiudeva la parte religiosa della festa.
Quando tutti uscivano dalla chiesa si svolgeva l’”incanto”: una vendita al miglior offerente, a fini di beneficenza a favore della chiesa, di oggetti o manufatti regalati dalla popolazione. Al termine dell’incanto la banda suonava alcuni brani di repertorio, tra i quali non mancava mai il classico intitolato “Monviso”.
Alla sera poi si andava a ballare sul ballo a palchetto montato per l’occasione: una pista da ballo in legno di forma circolare che veniva noleggiata e poi montata dagli organizzatori della festa. Aveva uno steccato lungo la circonferenza che impediva l’accesso, che avveniva invece in un’unica apertura, ed era coperto da un grosso tendone impermeabile a forma di cono.
Andavano al ballo a palchetto quasi tutti i carronesi, che si dividevano tra chi ballava e chi invece guardava gli altri ballare. Per la musica si chiamava un’orchestrina, che per molti anni veniva da Tonengo, che suonava il genere liscio (polca, mazurca, valzer) fino all’1 di notte.
Per entrare sulla pista si acquistava un biglietto e ogni biglietto valeva per un solo ballo, così che ciascuno comprava un certo numero di biglietti e, quando l’orchestra finiva una canzone, si tirava una corda attraverso il ballo per raggruppare tutti i ballerini da una parte: chi voleva ballare il brano seguente consegnava un biglietto all’incaricato, che lo faceva passare sotto la corda. Dagli anni ’60 si è adottato un unico biglietto di ingresso che permetteva di ballare tutta la sera.
Durante la serata c’era l’incanto del “buchet” (mazzo di fiori): gli organizzatori della festa mettevano in palio un premio che poteva essere un’oca, un fagiano, una lepre, un coniglio o dei pesci. Una sveglia veniva puntata su una certa ora (che solo gli organizzatori conoscevano) poi era collocata sopra una mensola al centro della pista da ballo. A questo punto iniziava la gara: un primo cavaliere puntava una cifra, poi andava a prendere la sua dama e i due tenendo in mano il “buchet”, cominciavano a ballare da soli sulla pista fino a che un altro cavaliere non faceva una puntata più alta, faceva uscire la prima coppia, si faceva consegnare il “buchet” e cominciava a ballare con la sua dama. Si andava avanti così, sempre aumentando la cifra finché non suonava la sveglia, che faceva vincere il premio alla coppia che stava ballando in quel momento.
Terminate le danze, tutti andavano a casa con la sensazione di aver trascorso una giornata indimenticabile e di dover aspettare un altro anno… prima che tornasse di nuovo San Grato con la sua festa.
C’era però ancora una piccola appendice alla festa: il giorno successivo era chiamato dai carronesi “San Graìn” (San Gratino), e spesso la festa continuava nelle case, con un “ricevimento” per la banda (negli anni in cui suonava quella di Carrone), gare di bocce tra gli uomini e a volte danze sul ballo a palchetto che restava ancora montato per l’occasione.
Se questa descritta era la festa tipica come se la ricordano i carronesi che hanno vissuto negli anni ’50-’60, molti sono stati però i cambiamenti nel corso degli anni.
Innanzi tutto bisogna dire che fin verso alla metà degli anni ’60 i priori, terminate le funzioni religiose del pomeriggio, si recavano al ballo a palchetto e aprivano le danze, che incominciavano già nel pomeriggio, ma questa tradizione si è persa più o meno quando il ballo venne montato davanti all’edificio delle scuole elementari di Carrone.
Ci sono poi stati diversi anni (intorno alla metà degli anni ’50 fino ai primi anni ’60) in cui i priori, terminate le funzioni religiose del pomeriggio, si trovavano davanti al monumento ai caduti a fianco della chiesa per il lancio delle “fusette” (piccoli fuochi artificiali): alla presenza della banda le priore tenevano in mano per il bastone le fusette e i priori le accendevano per farle andare in alto. Poi la banda suonava la “curenta” e priore e priori la ballavano per mano, in girotondo, intorno al monumento ai caduti. Questa usanza però è stata abbandonata all’inizio degli anni ’60, anche per motivi di sicurezza. Poi i priori si recavano al ballo a palchetto e aprivano le danze, che incominciavano già nel pomeriggio.
La tradizione dei Priori così come è stata descritta è continuata solo fino al 1974 e negli ultimi anni è stato anche ridotto il numero dei priori (negli ultimi anni c’erano solo più due coppie invece delle quattro previste, quindi solo una coppia in entrata e una in uscita). Questo è successo perchè i ragazzi non erano più disponibili a diventare priori, anche per l’inevitabile cambiamento degli stili di vita delle nuove generazioni.
Nel corso degli anni è caduta in disuso anche la novena, verso la fine degli anni ’70 la processione è stata anticipata al mattino, al termine della messa, con la soppressione dei vespri. In questo modo tutta la parte religiosa della festa si è concentrata al mattino.
A partire dalla metà degli anni ’70 sono stati aggiunti momenti conviviali alla festa, che è stata prolungata dal sabato al lunedì (come è successo anche per le feste dei paesi vicini): il ballo a palchetto veniva montato per tre sere danzanti e si partiva il sabato sera con la grigliata (chiamata a quei tempi “gran asado” a base di costine di maiale) e con l’allestimento di tavolate per consumare i cibi insieme, poi si proseguiva la domenica pomeriggio e il lunedì con gare di bocce, tornei di carte, o altri eventi come gare cinofile o mostre.
Poi, per vari motivi, a partire dall’inizio degli anni ’90 anche l’allestimento del ballo a palchetto e la preparazione delle costine sono stati abbandonati e parallelamente anche la tradizione di invitare i parenti al pranzo di San Grato in casa si è molto ridimensionata.
Solo negli ultimi anni si è cercato di rianimare un po’ la festa. Nel 2014 proprio il giorno di San Grato si è festeggiato l’insediamento del nuovo parroco don Silvio Faga, con la presenza della banda musicale di Cuceglio. Nel 2015 è stata allestita una mostra fotografica di foto d’epoca dal titolo “Carrone come eravamo”. Nel 2016 è stata organizzata una cena condivisa lungo via san Grato alla quale hanno partecipato quasi 200 carronesi. Nel 2017 la processione è stata accompagnata dalla banda musicale di Pavone, è stata organizzata la mostra fotografica “San Grato come eravamo” e si è svolta la seconda edizione della cena condivisa.