Quando andavamo all’asilo…
Quando alle sei del mattino il campanaro andava a suonare l’Ave Maria, nelle case era già iniziata la giornata: chi andava ad accudire gli animali nella stalla e portava il latte in sovrappiù alla latteria del paese, chi era già partito in bicicletta per raggiungere il posto di lavoro per lo più nelle industrie tessili del “Tebio” o chi velocemente, per non perdere il treno, si recava a Mercenasco, depositava con cura la bici nella casetta-garage con chiave individuale affittata da uno del posto vicino alla stazione, e partiva per andare a lavorare a Ivrea (la maggior parte) o a Torino.
Chi era rimasto a casa, in maggioranza donne e persone anziane, si occupava degli animali (mucche, qualche gallina, a volte anatre e conigli) e anche dei bambini.
I bambini che erano capaci di tenersi puliti, anche se non avevano ancora compiuto tre anni, potevano andare all’asilo infantile del paese, retto dalle suore dell’Immacolata di Ivrea.
Nei miei ricordi di bambina, a metà degli anni ’50, la giornata all’asilo era scandita dalle preghiere: prima di iniziare la giornata, prima di giocare, prima di mangiare, dopo mangiato, prima di dormire, dopo aver dormito, prima di andare a casa.
I banchi dell’asilo erano simili a quelli della scuola elementare del tempo e si stava parecchio seduti: mi ricordo ancora le ore passate a fare cornicette sul quaderno, linee orizzontali, verticali, oblique, il tutto in silenzio!
Nella stanza dove si svolgevano le attività c’era un armadio di legno scuro, forse nero, la cui parte superiore aveva due antine con i vetri; dentro c’erano delle bambole e oggetti che per noi bambini erano una meraviglia: delle buste di carta grigio azzurre con dei disegni applicati (che raffiguravano ad esempio una carota, un limone, ecc.), insomma quelle che oggi si chiamano schede. Le schede venivano usate da suor Angela e noi bambini ne eravamo incantati. C’erano anche altri giochi, ad esempio uno che si faceva tutti insieme era in una grande scatola: mattoncini grezzi di legno resi lisci dall’uso.
Le suore per pranzo ci preparavano la minestra, spesso riso o pasta e fagioli, mentre il secondo e la merenda si portavano da casa nell’ apposito cestino in vimini.
Dopo pranzo se c’era bel tempo si andava a giocare in cortile; poi per il riposo c’erano alcune brandine che si aprivano a cavalletto (di cui ricordo il colore arancione della tela), che servivano per i più piccoli, mentre i più grandi mettevano la testa sul banco (in inverno con il cappotto in testa): quando tutti erano sistemati si chiudevano le tende e si faceva la nanna in silenzio!
L’uscita era alle 16, ma se le mamme erano impegnate si poteva restare con le suore per un tempo maggiore.
All’asilo si andava con la divisa: grembiulino rosa a quadretti piccoli per le bambine, colletto bianco appoggiato sopra e fiocco azzurro; grembiulino azzurro a quadretti piccoli, colletto bianco e fiocco blu per i maschietti.
I bambini dell’asilo partecipavano in gruppo anche a tutte le funzioni religiose, alle processioni e anche ai funerali; in queste occasioni la divisa era: grembiulino bianco, colletto bianco grande, calze bianche, fiocco bianco, cappello nero e, in inverno, mantellina nera. La partecipazione ai funerali consentiva di ricevere un’offerta dai parenti per contribuire alla gestione dell’asilo.
Le suore infatti vivevano di offerte e delle modeste rette da parte di chi poteva pagare, oltre ad avere un bel pollaio e un orto ben tenuto; ricordo ancora l’acquolina in bocca per quei bei fragoloni che potevamo solo vedere dalla rete ma che noi bambini non abbiamo mai potuto mangiare! Le suore però in certe occasioni offrivano dolci ai bambini e allora diventava per tutti una festa.
I genitori dei bambini prima dell’inverno andavano per il paese a raccogliere la legna, poi la tagliavano e la sistemavano nella legnaia dell’asilo per scaldare in inverno i propri figli.
Ricordo ancora che quando si stava avvicinando un temporale, le suore ci mandavano in cortile a disegnare con un pezzo di legno o un sasso tre croci insieme alle preghiere di rito; rientravamo quando iniziavano a cadere i goccioloni e già i tuoni si sentivano vicini e l’atmosfera decisamente cupa aveva un qualcosa di magico e di pauroso per noi bambini.
In parrocchia era stato allestito un teatro con tanto di quinte e luci, dove recitavano sia i ragazzi del paese che i bambini dell’asilo; io ricordo solo che non ero affatto entusiasta di partecipare alle recite, ma non si poteva neppur pensare ad un rifiuto, perchè erano troppe le aspettative di tutti.