I primi dati sulla popolazione di Carrone risalgono al 1663, anno di fondazione della Parrocchia di San Grato: dai documenti parrocchiali risultano 25 capi famiglia, con 95 “anime atte alla comunione”, quindi il totale degli abitanti era di almeno di 150 individui.
Nel 1756 la popolazione era di 474 abitanti, mentre nel 1845 era aumentata a 507, toccando il massimo nel 1888 con 627 abitanti, per poi scendere a 423 nel 1924, a 327 nel 1991 e a 315 nel 2005, in base ai dati del Comune.
Anche Carrone fu interessato da fenomeni di emigrazione: in particolare tra fine ‘800 e primi del ‘900 molti carronesi emigrarono in cerca di lavoro in Francia, Argentina e negli Stati Uniti.
Fino agli anni ’60 chi abitava a Carrone era nato in paese o si era trasferito dai paesi vicini dopo il matrimonio: ci si sposava infatti tra compaesani o con persone del circondario (soprattutto di Candia, Crotte, Vische, Strambino) e in genere le donne andavano a vivere nel paese del marito.
Poi le cose sono cambiate: alcune famiglie sono immigrate dalla Calabria, molti carronesi sono andati a vivere altrove o sposati con persone che non venivano più dai paesi confinanti e poi, dagli anni ’80, sempre più persone provenienti da fuori sono venute a vivere in paese dopo aver acquistato case non più abitate.
Oggi in paese vivono alcune decine di famiglie non originarie di Carrone, alcune anche di paesi extraeuropei.
Lo stile di vita si è molto modificato nel tempo.
Fino alla prima guerra mondiale l’economia era quasi esclusivamente basata su un’agricoltura di sussistenza.
Dopo la guerra, alcuni uomini e donne cominciarono a lavorare in fabbriche del circondario (cotonifici, lanifici e manifatture tessili) o in qualche caso spostandosi a Torino o in altre zone del Piemonte, a volte fino in Savoia; moltre ragazze invece andarono a servizio in città come personale domestico.
Una vera rivoluzione fu, nel secondo dopoguerra, l’espansione dell’Olivetti (in particolare l’apertura dello stabilimento di Scarmagno) dove quasi ogni famiglia aveva qualcuno come operaio o impiegato, senza però mai abbandonare l’agricoltura.
Fino alla seconda guerra mondiale il lavoro nei campi era svolto quasi esclusivamente a mano, con il solo aiuto di animali da tiro (buoi e cavalli), mentre dagli anni ’50 sono stati acquistati i primi trattori e macchinari che hanno permesso di velocizzare e alleggerire i principali lavori, dal taglio dell’erba alla raccolta di grano e mais.
Fino agli anni ’60, quasi tutte le famiglie avevano nella stalla qualche mucca, vitelli e maiali, mentre oggi in paese non ci sono più bovini, le stalle rimaste sono utilizzate solo più come magazzini e poche famiglie allevano ancora galline e conigli.